AUTONOMIA – Diario dalla “Convenzione”. Autodeterminazione? Superflua.

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Un’intera sessione della Convenzione dedicata alla Selbstbestimmung. Per scoprire che in Sudtirolo c’è già e si chiama autonomia. Nel nuovo Statuto meglio inserire l’accordo Degasperi Gruber.

Venerdì 23 settembre 2016: Scocca l’ora dell’indipendenza. Per dimostrare che nessun tema è tabù, la Convenzione dedica una intera sessione tematica (su 5) alla Selbstbestimmung. La squadra dell’autodecisione è al gran completo, dal Bundesgeschäftsführer degli Schützen Florian von Ach alla Kulturreferentin Margareth Lun. Dunque “Iatz!, es isch Zeit”.

 

Apre le danze la giovanissima Verena Geier, Bundesmarketenderin: quello all’autodeterminazione è un diritto inalienabile dei popoli, sancito dall’Onu e recepito dall’Italia con la legge 881 del 1977. Nel Risorgimento le regioni italiane entrarono nel nuovo stato coi plebisciti, mentre ai Sudtirolesi la possibilità di decidere è sempre stata negata. Adesso questo diritto va inserito nello Statuto per aprire un percorso che l’avvocato Ewald Rottensteiner descrive così: “Qualcuno propone un referendum, si raccolgono un certo numero di firme e poi si vota”.

La prima risposta è (troppo) semplice: “Siete fuori tema”. Viene da Vezzali (“Metto una pregiudiziale”), da Bizzo (“Non ci si può sposare e allo stesso tempo divorziare”), da Corrarati (“Prospettiva affascinante, parliamone una volta all’osteria”). Però il tema della serata è stato deciso a suo tempo anche col loro consenso. Quindi ciccia. Come al solito è Wolfgang Niederhofer, anima dell’agenzia di viaggi ecologici “Vai e via” e della piattaforma “Brennerbasisdemokratie”, a fare il discorso più raffinato. L’autodeterminazione non è solo un voto sì-no, ma un processo sociale che va visto come occasione affinché chi vive in questo territorio, qualunque lingua parli, possa riflettere con gli altri sul proprio futuro, se meglio l’autonomia o l’indipendenza o quale. Un confronto che potrebbe creare un’identità condivisa: “eine win-win Situation”. Insomma, la via interetnica alla Selbstbestimmung. Affascinate, no? Vero, signor Corrarati?

Adesso tocca a me a parlare. Segnalo che per l’Onu autodeterminazione non è sinonimo di secessione, che distingue tra autodeterminazione “interna” ed “esterna” e solo quest’ultima è secessione e viene riconosciuta solo se la prima è impraticabile. L’autodeterminazione interna consiste nella libertà di ogni popolazione di “determinare liberamente il proprio sviluppo economico, sociale e culturale e la propria piena partecipazione politica”. E’ evidente che per la minoranza linguistica sudirolese l’autonomia è la forma della propria “autodeterminazione interna”. O qui qualcuno – ho chiesto – pensa che al Sudtirolo sia negato lo sviluppo, o la rappresentanza nelle istituzioni, quando a Roma abbiamo in proporzione più senatori e deputati di tutte le altre regioni? In queste condizioni come giustificare la secessione? E questo è un primo punto. Poi sono passato alle proposte. Ho chiesto: che cosa dovrebbe contenere il nuovo Statuto per consolidare il quadro dell’autonomia? E ho proposto tre punti:

  • Primo, l’accordo Degasperi-Gruber. Perché rappresenta l’ancoraggio internazionale dell’autonomia. Se il parlamento dicesse sì a questo punto, la tutela internazionale per Bolzano e Trento sarebbe “costituzionalizzata”.
  • Secondo, l’integrazione europea, importante citarla proprio ora che vacilla. L’autonomia ha senso e futuro solo in un’Europa senza frontiere.
  • Terzo, la cooperazione transfrontaliera, per dare sostanza a questa Europa dai confini aperti. Questi tre punti dovrebbero stare nel nuovo Statuto e hanno possibilità di essere accolti, non l’autodeterminazione.

Mi risponde subito Margareth Lun: “Questo diritto ci spetta, o avete paura di far esprimere il popolo?”. A questo punto fa il suo esordio in Convenzione il prof. Roberto Toniatti, fresco di nomina. Dice che “quanto detto da Dello Sbarba va attentamente valutato” e poi gioca il suo asso pigliatutto: “Se è vero che l’autodeterminazione è un processo, ed è così, allora questo è già in corso!”. Stupore in sala: come come professore? Spiega Toniatti: se ne discute da anni, ci sono partiti che ce l’hanno al primo punto del programma, partecipano alle elezioni e eleggono propri rappresentanti. E questo non lo considerate un “processo aperto”? – non ha senso chiedere qualcosa che c’è già. Se poi gli indipndentisti non hanno convinto la maggioranza, beh, affari loro (l’ultima frase è mia).

A metà serata finalmente si risveglia la Svp, finora rimasta alla finestra. Parte Andreas Widmann, ala economica, avvocato: “Prima di dire che sono d’accordo totalmente con le proposte di Dello Sbarba, una premessa…”. La premessa è che il confine del Brennero fu ingiusto, ma finché regge l’autonomia non c’è ragione per abbandonarla. Poi torna alla sua “totale condivisione dei 3 punti di Dello Sbarba”: sono proprio quelli giusti per una nuova fase dell’autonomia. Rincara Magdalena Amhof: “L’autodeterminazione è un diritto e nessuno ce lo toglie, non serve una frase nello Statuto”. Ma proponendolo al parlamento italiano – ribatte Niederhofer si avvierebbe la trattativa per un accordo bilaterale come tra Gran Bretagna e Scozia! Beatrix Mairhofer, sindaca della val d’Ultimo, lo riporta sulla terra: “Ma che accordo blaterale. Con l’autonomia di cui godiamo nessuno capirebbe la richiesta di secessione, finiremmo nel totale isolamento internazionale!”.

A questo punto la pattuglia autodecisionista si divide: tra chi calca la mano e dipinge un Sudtirolo come una colonia “fremdbestimmt” e chi invece suggerisce che “chiedendo l’autodecisione magari otteniamo più competenze”. Sperano così di riacchiappare la Svp, parlando una lingua che capisce, ma senza Durnwalder (assente per compleanno) che gli tira la volata, restano soli. L’ultimo tentativo lo fa Ewald Rottensteiner, che ai “tre punti che condivido” (l’accordo Degasperi-Gruber? dai, figuriamoci) vorrebbe aggiungere “il quarto”: indovinate quale? Ma la proposta cade nel vuoto.

Siamo agli sgoccioli, l’autodeterminazione ha ancora un paio di colpi di coda. Il primo glielo regala Urzì. Il consigliere provinciale chiede di intervenire – diritto che gli dà la legge – si sdegna che di certe cose solo si parli e minaccia “conseguenze penali”. T’immagini che paura. Regala agli altri la possibilità di fare le vittime: loro paladini della libertà, lui dello Stato – ed entrambi sono contenti così. Il secondo scivolone lo fa il buon Christoph Perathoner, avvocato e Obmann Svp. Riprende gli ormai famosi “tre punti”, ma poi si infila in un discorso complicato su una “demokratische Selbstbestimmung” che forse, riferita a tutti i gruppi linguistici, forse forse potrebbe entrare – furbo anche lui, però… L’ultimo tentativo lo fa Niederhofer: “Forse sarà necessario convocare un Konvent 2.0, tutto dedicato alla Selbstbestimmung”. Un secondo Konvent? Oh mamma mia.

Così la questione è esaurita. Per parlarne se n’è parlato. E si è scoperto che, più che sacrosanta o vietata, affascinante o minacciosa, è semplicemente superflua. Tranquilli: non ci sarà alcuna Selbstbestimmung nel prossimo Statuto di autonomia.

6 pensieri riguardo “AUTONOMIA – Diario dalla “Convenzione”. Autodeterminazione? Superflua.

    1. La cosa sul “Modello Canton Jura” l’avevo tralasciata perché mi sembrava irrilevante. Comunque quanto scritto da BBD dimostra che la vicenda del cantone svizzero e quella dell'”autodeterminazione del Sudtirolo” non sono paragonabili: la prima è la formazione di un nuovo cantone all’interno della Svizzera, la seconda è invece l’uscita di una provincia dai confini di uno Stato. Una differenza non da poco.

      1. Ma chi parla di paragoni? Noi parliamo di un modello per come impostare il processo, renderlo partecipativo, trasparente e controllabile da parte delle cittadine e dei cittadini. Il procedimento a più tappe ci sembra un buon esempio.

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