AUTONOMIA: Diario dal “Konvent” Democratizzare l’autonomia: Provincia, Comuni, cittadinanza. E Bolzano capoluogo

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VENERDI’ 4 NOVEMBRE – In una Convenzione decimata dalla settimana di vacanza autunnale (presenti una ventina su 33, al lumicino la componente italiana) si arriva al punto decisivo: quanto è democratica l’autonomia? Si discute finalmente dei rapporti interni al territorio: quale ruolo devono avere i comuni, quale potere le cittadine e i cittadini. Molto passa di qui: le relazioni tra i gruppi linguistici, tra centro e periferia, tra vecchi e nuovi cittadini.

Ho preparato un testo di due pagine e, visto che non comincia nessuno, parto io. Parto da una considerazione: finora l’autonomia è stata costruita sul conflitto Provincia-Stato e sul trasferimento di poteri dallo Stato alla Provincia. Poteri che si sono fermati e concentrati sulla Provincia intesa sia come ente, sia come organi al vertice: Giunta provinciale e Landeshauptmann. E’ stata l’era Durnwalder, l’era dei Comuni meno autonomi d’Italia, l’era dei cittadini che fanno la fila alle cinque del mattino. L’era del centralismo provinciale (contestato a Roma e riprodotto bonsai a Bolzano) e del deficit di democrazia. L’era in cui, se parlavi di “federalismo interno”, ti rispondevano “federalismo che?”. Quel System Südtirol è ancora qui.

Un nuovo sistema va fissato in un nuovo Statuto e la Convenzione è l’occasione per farlo. Bisogna passare dalla logica verticale della “lotta contro Roma” a quella orizzontale di un “sistema delle autonomie” (al plurale!), in cui la conquista di più potere per la Provincia si accompagna il trasferimento di maggiori poteri verso il basso. E’ l’idea di un’autonomia partecipata, una autonomia dei cittadini e delle cittadine, che proprio la Convenzione doveva inaugurare, ma che ancora non si vede. Non va inventato nulla: bisogna solo introdurre anche da noi i principi delle costituzioni europee più avanzate:

  • la sussidiarietà, cioè il trasferimento dei poteri agli organi più vicini alla popolazione;
  • la differenziazione, che vuol dire che la Provincia deve fare le leggi, ma l’amministrazione va trasferita ai Comuni;
  • e l’ adeguatezza, che vuol dire che ogni problema va affrontato nella dimensione ottimale.

Cittadini e cittadine (e non l’ente Provincia, non il Presidente) sono i sovrani nell’autonomia e esercitano tale sovranità con diverse forme di democrazia: la diretta, la partecipativa, la rappresentativa. Che vanno rafforzate e ancorate nello Statuto.

  • Nel campo della democrazia rappresentativa va rafforzato il legislativo, cioè il Consigli provinciale: ripropongo per esempio l’idea che le norme di attuazione, prima di essere approvate, passino dal Consiglio in una discussione pubblica e trasparente.
  • Va introdotta la novità della democrazia partecipativa e i suoi strumenti. Ad esempio il bilancio partecipativo, grazie al quale una quota (es. il 5%) del bilancio degli enti venga decisa attraverso la partecipazione popolare (a Malles l’hanno già sperimentato e funziona). Oppure la convocazione di un “Consiglio civico” (BürgerInnenrat ) sul modello del Voralberg, che ha dato ottimi risultati: su un tema particolarmente importante (sia una legge, siano grandi progetti) vengono estratte a sorte un certo numero di persone incaricate di approfondire e alla fine stilare un parere motivato rivolto a chi poi deve decidere.
  • Per quanto riguarda la democrazia diretta, andrebbero citate nello Statuto le diverse forme (dalle leggi di iniziativa popolare ai vari tipi di referendum abrogativo, propositivo ecc…) magari anche indicando un limite massimo per il quorum. Cito la legge elaborata dal gruppo di lavoro della 1a Commissione del Consiglio provinciale (Foppa, Amhof e Noggler) come orientamento (25%) – e vedo qualcuno che comincia ad agitarsi. Tchurtschenthaler tiene a precisare che su quella proposta “c’è tutt’altro che consenso”.

Arrivo infine ai Comuni. Questi, dico, devono diventare l’unità amministrativa fondamentale. Quindi la Provincia deve trasferire ai Comuni il potere amministrativo e ovviamente – fondamentale! – i mezzi finanziari per poterlo esercitare. Propongo anche che per progetti di interesse provinciale sia richiesta l’intesa coi comuni interessati, col sindaco che partecipa alla seduta della Giunta provinciale.

Qui tutti hanno già capito dove voglio arrivare: al comune capoluogo. Che non è una Falzes moltiplicato 40 (Durnwalder mi siede alle spalle). E’ un centro urbano unico nelle caratteristiche e nelle funzioni. Essere capoluogo significa che Bolzano esercita funzioni al servizio di tutta la provincia. E poi Bolzano non è solo la più grande città italiana, ma anche la più grande città tedesca (28.000!) e la più grande città immigrata della provincia. Dunque parlare di Bolzano è anche parlare di convivenza.

A Bolzano-capoluogo deve essere attribuito nello Statuto uno status particolare – propongo – rimandando poi a una legge provinciale il compito di regolare questo status di Landeshauptstadt e – aspetto fondamentale – il suo adeguato finanziamento. Ho finito.

Brusio intorno. Poi, come sempre accade quando bisogna dare la linea, Durnwalder chiede di parlare. Il suo discorso si riassume in cinque parole: “das kommt nicht in Frage” – non se ne parla nemmeno. “Il nostro compito è ampliare l’autonomia, cioè individuare quali nuove competenze dobbiamo trasferire dallo Stato alla Provincia” ribadisce l’ex Presidente. Nello Statuto, al massimo, possiamo scrivere che la Provincia “può” delegare qualche competenza. E su Bolzano chiusura assoluta: “Se diamo uno status speciale a Bolzano, perché non dovremmo darlo anche ai comuni ladini, oppure a qualcuna delle valli? Non si può fare a pezzi il territorio”.

L’avvocata von Guggemberg si oppone a fissare per statuto l’autonomia scolastica e a far passare le norme di attuazione dal Consiglio provinciale. E’ compito dell’esecutivo, dice. Wolfi Niederhofer è originale come sempre: se Bolzano è appesantita di troppe funzioni provinciali, dice, alleggeriamola. Perché non trasferiamo l’istituto provinciale di statistica a Silandro? Ester Happacher dice che nello Statuto non si può entrare nei dettagli, che vanno rimandati alle leggi provinciali. L’area Schützen approva la democrazia diretta, ma Bolzano no, no e poi no. Maria Kuenzer torna sulle competenze da portare in Provincia: pensioni, lavoro, polizia. Perathoner rilancia sulle rivendicazioni per i ladini: posti garantiti in Consiglio e Giunta, nei tribunali e così via. Durnwalder aggiunge eliminazione del Commissariato del governo, dell’interesse nazionale e della Regione. Insomma, a questo punti sono finiti tutti fuori tema.

E sul tema hanno criticato le mie proposte, ma di controproposte non ne hanno fatte. Il risultato importante di oggi è che sono riuscito a mettere la “questione democratica”, e di Bolzano,  sul tavolo della Convenzione e il mio documento ora è agli atti (e viene ampiamente ripreso nel comunicato stampa finale e nei giornali di sabato).

Il fatto, però, è che per molti componenti la Convenzione il tema di oggi – la democrazia dentro l’autonomia, i comuni, i cittadini, Bolzano – semplicemente non esiste. Principato del Sudtirolo contro Regno d’Italia: la partita per loro si gioca tutta lì. La dimensione interna va bene com’è. Mi chiedo dove si vuole andare a parare su questa strada.

La risposta mi arriva quando si passa a programmare la seconda fase della Convenzione. Infatti con oggi la prima fase è conclusa. Abbiamo avuto sei sessioni tematiche sui diversi punti toccati dallo Statuto. Come si va avanti? E che cosa ne deve uscire alla fine? Sull’ultimo punto Durnwalder parla chiaro: non saremo in grado di elaborare una proposta di riforma dello Statuto in articoli. Quel che si può fare è un documento politico, da consegnare a Consiglio e Giunta. Un documento che dia conto delle diverse posizioni, mi affretto a precisare. Rottensteiner lo chiama: documento strutturato.

Poi cominciamo a parlare dei contenuti da affrontare da ora in poi. Laura Polonioli ha inviato una proposta di approfondimento e concretizzazione dei temi affrontani nel plenum finora, io propongo di metterla ai voti ma Tschutschenthaler si rifiuta e preferisce far approvare “il primo tema su cui concentrarsi”.

Guarda caso: sono le maggiori competenze da strappare allo Stato. Per molti è l’unico tema che interessa. Citano la proposta di legge costituzionale del 2013 Zeller-Berger, che è un po’ il manifesto della Vollautonomie. Una Convenzione che ratifica una proposta già pronta e condita (tra l’altro programma elettorale Svp nel 2013)? Serviva tutto quest’ambaradan per poi finire così?

Da diversi interventi mi par di capire che area Schützen e Svp (almeno quella qui presente) stanno convergendo su una soluzione tipo Vollautonomie + Selbstbestimmung. Autonomia integrale + autodeterminazione. O meglio: “autodeterminazione q.b.”: quanto basta.

E’ Toniatti, il professore portato in quota PD dal subcomandante Bizzo (assente), che rilancia sul tema: di autodeterminazione il documento finale dovrà assolutamente parlare. “Nella prospettiva delle cose desiderabili, anche se forse non probabili” dice lui. Ma per “segnalare al resto d’Italia che qui il tema c’è”. Più pragmatico il sindaco Gufler, di Vizze: noi qui dobbiamo chiedere il massimo, poi sarà la politica a mediare con Roma. Pare sia lo sbocco che piace anche a Kompatscher.

La Convenzione come spauracchio per alzare il prezzo a Roma? Cavoli, che esempio di riforma partecipata dell’autonomia!

APPENDICE

Per chi abbia interesse, pubblico qui sotto il documento che ho presentato.

Convenzione del 4.11.2016 Autonomia, federalismo interno e democrazia.

Contributo di Riccardo Dello Sbarba, consigliere provinciale

INDIRIZZO. Finora l’autonomia è stata costruita nel rapporto verticale tra Provincia e Stato e nel potere trasferito dallo Stato alla Provincia. La Provincia è stata la depositaria e titolare dell’autonomia e dei poteri. Ciò si è accompagnato a un forte centralismo provinciale: giustificato per ragioni storiche, oggi produce un deficit di democrazia e di insufficiente federalismo interno. Abbiamo Comuni e Comunità molto meno autonomi che nel resto d’Italia. Occorre rovesciare l’impostazione: va ripensato un “Sistema delle autonomie”, dove accanto alla rivendicazione di più potere/competenze per la Provincia si abbia il trasferimento di questo potere verso il basso. Vanno ampliate le autonomie dei diversi enti: ad es. va ancorata allo Statuto l’autonomia delle scuole. Va applicato il principio di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, distinguendo competenze legislative e competenze amministrative e collocando queste ultime in capo ai Comuni. La riforma dello Statuto deve mettere al centro l’esigenza di costruire un’autonomia partecipata, una autonomia dei cittadini e delle cittadine.

CITTADINI E CITTADINE. Bisogna partire di qui. Finora vale il motto: l’autonomia appartiene alla Provincia. Va rovesciato applicando anche da noi l’art. 1 di tutte le costituzioni: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Quindi: “L’autonomia appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti dello Statuto”. Tale sovranità viene esercitata con le diverse forme di democrazia che lo Statuto dovrebbe citare:

democrazia rappresentativa: va rafforzato il ruolo del Consiglio provinciale. Ad es.: parere obbligatorio/intesa sulle norme di attuazione prima della loro approvazione.

democrazia partecipativa: istituzione di un Bürgerrat“ sul modello del Voralberg (estrazione a sorte di un certo numero di cittadini e cittadine chiamati a esprimere un parere motivato e discusso su specifici temi: leggi provinciali, grandi progetti…) istituzione del “bilancio partecipativo” su quota % fissa del bilancio

democrazia diretta. Sul modello della legge preparata del gruppo di lavoro della 1a commissione legislativa del Consiglio provinciale. Va valutato che cosa ancorare nello Statuto: solo gli strumenti, o anche i quorum? Strumenti: Leggi di iniziativa popolare referendum consultivo, referendum abrogativo, referendum propositivo, referendum confermativo. Quorum: 25% aventi diritto (eccetto consultivo senza quorum).

I COMUNI Applicare i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. I Comuni diventano l’unità amministrativa fondamentale, hanno la competenza amministrativa generale. “La Provincia esercita normalmente le funzioni amministrative trasferendole/delegandole ai comuni e alle comunità comprensoriali, garantendo loro gli adeguati mezzi finanziari e di personale necessari per esercitare le funzioni delegate”. Introdurre il principio dell’intesa: Sui progetti di interesse provinciale i sindaci dei comuni interessati partecipano alla rispettiva seduta di giunta provinciale e devono esprimere la propria intesa.

IL COMUNE CAPOLUOGO Va eliminata l’indicazione statutaria di Trento come capoluogo della Regione. La Regione è costituita dalle due province autonome che hanno Trento e Bolzano come capoluoghi. Viene attribuito uno status particolare al capoluogo (che è la più grande città italiana, la più grande città tedesca e la più grande città immigrata del Sudtirolo) in relazione alle funzioni che esercita nell’ambito provinciale e al servizio all’intero territorio provinciale. “La legge provinciale regola lo status del capoluogo e il suo finanziamento”.

IL CONSIGLIO DEI COMUNI Viene ancorato allo Statuto indicandone i poteri, la forza giuridica dei suoi pareri e la collocazione nel procedimento decisionale provinciale. E’ organo di consultazione e concertazione delle politiche provinciali, dà pareri sulle leggi e sulle delibere di rilievo. Gli è attribuita l’iniziativa legislativa, attraverso proposte di legge provinciale approvate con la maggioranza assoluta dei suoi componenti. Gli è attribuito potere di segnalare norme statali lesive dell’autonomia dei comuni. La segnalazione è indirizzata al Presidente della Provincia che ricorre alla Corte Costituzionale. La composizione deve ra

ppresentare i Comuni in relazione alla popolazione. Il comune capoluogo è attualmente sotto-rappresentato, anche in relazione alle funzioni che svolge al servizio dell’intera provincia.

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